Sapete cosa vuol dire vivere in un monastero benedettino? Avete mai immaginato come si evolve la giornata di una suora benedettina in un monastero e quali interazioni legano le consorelle in clausura?
Beh, in questo articolo parleremo proprio di questo.
Per esempio, se parliamo di come la spiritualità viene vissuta nel Monastero di San Pietro in Ostuni, possiamo dire che essa è stata sempre vissuta con una forte accentuazione comunitaria. Un’accentuazione tra l’altro realizzata in comunione di ideali di vita e di beni all’interno della clausura, quale piccola porzione di Chiesa della Diocesi.
In un’atmosfera di silenzio e di raccoglimento, immerso nel verde della macchia mediterranea, la giornata monastica è articolata in:
Questi, da oltre cinque secoli, sono infatti i tre momenti complementari e convergenti in cui si distribuisce la giornata ecclesiastica.
La Comunità monastica ha coscienza e avverte la responsabilità di essere in terra il riflesso della liturgia del cielo, eco di quella Chiesa celeste, sposa senza macchia e senza ruga, intorno al trono del suo Sposo, l’Agnello immolato e glorificato.
Ciascuna monaca, chiamata a vivere e professare i consigli evangelici, realizza in se stessa, in seno alla comunità, la figura della sposa. Rappresenta la figura di una vergine che attende con la lampada accesa l’arrivo dello sposo.
Molti interrogativi sorgono oggi circa la volontà di seguire il Signore all’interno di un Monastero di clausura; questa nostra vocazione non significa, come molti purtroppo ancora pensano, sopprimere i doni ricevuti dal Signore, né tantomeno fuggire le responsabilità e i problemi del mondo.
Madre Maria Melchiorre infatti sottolinea che contrariamente a quanto si immagina, le suore benedettine e di clausura, riescono spesso a trovare il proprio “posto al sole” grazie a varie abilità.
Basti pensare che, nel corso dei secoli e fino ad oggi, le monache si sono affermate nell’arte della musica, della cultura, nel ricamo in oro e nei tradizionali dolci monastici, fedeli al monito della Regola “…allora sono veri monaci quando vivono del lavoro delle loro mani, come i nostri padri e gli apostoli” (RB 48).
Il monastero benedettino come un cantiere “aperto”
Proprio per questo motivo, è lecito affermare che il monastero può definirsi, un cantiere aperto; di generazione in generazione sono state infatti tramandate arte e cultura.
Le monache benedettine sono infatti spesso vere e proprie maestre di:
Tutto questo, naturalmente, senza tralasciare la grande virtù della carità alla quale è stata data da sempre la priorità che merita.
Ancora oggi infatti la comunità si prodiga nell’accoglienza dei poveri e di quanti bussano costantemente alla porta del monastero per essere ascoltati o per trovare un luogo ove riposare nel corpo e nello spirito.
E così, in questa sapiente alternanza tra la preghiera e il lavoro, le monache vivono la loro vita sotto lo sguardo di Dio, restando fedeli all’antico e sempre nuovo motto: “Ut in omnibus glorificetur Deus”
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